4 novembre 2022 — Il discorso del Sindaco

Città di Treviglio
4 min readNov 7, 2022
Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate

Il discorso di Juri Fabio Imeri, Sindaco di Treviglio, in occasione della Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate.

Treviglio, 06 novembre 2022

Buongiorno a tutti e tutte, e grazie per la vostra presenza.

Finalmente siamo tornati in corteo dopo due anni di sosta forzata, prima per la pandemia e poi per la pioggia: per dare un segnale di rottura con un periodo difficile abbiamo voluto invertire il senso di marcia partendo dal Santuario nell’anno santo del 500esimo e percorrendo poi — accompagnati dal Corpo Musicale Città di Treviglio che saluto e ringrazio — la strada che ci ha portato a omaggiare con la corona, la preghiera e il silenzio i caduti dei bersaglieri, della polizia di stato, della guardia di finanza, degli avieri, dei carabinieri, dei partigiani, dei marinai e — qui in questa piazza — i caduti di tutte le guerre.

Siamo qui insieme — autorità civili, militari e religiose, associazioni combattentistiche e d’arma, associazioni di protezione civile e cittadini — per festeggiare la giornata dell’unità nazionale e per ringraziare le forze armate, le forze di polizia, i volontari e chiunque ogni giorno si impegni, con rischi anche gravi, per tutelare la nostra sicurezza, la nostra libertà, la nostra incolumità.

E siamo qui per dire, senza alcuna distinzione: no alla guerra! Lo abbiamo fatto ieri con una manifestazione di pace nel cuore della città e rilanciamo oggi l’appello affinché quanto in atto a poche centinaia di chilometri da noi veda presto la fine.

Lo scorso anno abbiamo ricordato il Milite Ignoto, un caduto fra tanti, senza nome, individuato per celebrare la memoria del sacrificio quotidiano compiuto da tanti per l’Italia. Al Milite Ignoto abbiamo intitolato il viale principale del nostro cimitero e proprio in quel luogo, martedì pomeriggio, mi sono fermato a pensare.

La pioggia aveva reso impossibile celebrare la tradizionale messa di Ognissanti all’aperto e così i tanti presenti si sono assiepati nella cappella ai caduti e altri sono rimasti all’aperto con l’ombrello. Io mi ero messo sul ciglio, all’ingresso. E mentre don Norberto celebrava la Santa Messa e raccontava di come Papa Francesco, ispirandosi agli esercizi di Sant’Ignazio di Loyola, trasformava le lacrime — di cui siamo esperti a Treviglio — e la tristezza in scuotimenti di Dio, mi sono messo a guardare le lapidi della cappella. E poi a scorrere i nomi e la “qualifica”. E poi, a fine Messa, a guardare la campana ritrovata sul Carso e le targhe.

Quei nomi, elegantemente ed ordinatamente rappresentati, sono i nomi di uomini che hanno visto la loro vita interrotta a causa della guerra. Ognuna di quelle persone è una storia, dei gesti, una vita.

Ancora oggi, vicino a noi, ci sono degli uomini che difendono la loro patria e ce ne sono altri mandati a combattere una guerra non decisa da loro. La minaccia del nucleare, la cattiveria degli uomini, le violenze, gli orrori che ogni conflitto armato porta con sé sono alle porte dell’Europa.

E quando il male ci viene dato in pasto tutti i giorni, quando ormai restiamo indifferenti quasi a tutto, quando l’unico impatto che sentiamo di questa guerra sembra essere la crisi del gas e delle bollette — figlia di una enorme speculazione politica — noi cosa possiamo fare? Non possiamo abituarci al dolore, non possiamo abituarci alla violenza, alla sopraffazione, alla morte. Non possiamo assuefarci alla guerra. Sembra folle pensare di attaccarsi alla speranza, eppure qualcosa di irriducibile dentro di noi ci spinge a scendere in piazza, a invocare la pace, a pregare, a riflettere.

Qualcosa ci dice che possiamo ancora decidere tutti i giorni da che parte vogliamo stare.

Costruire il bene, custodire il ricordo e la memoria perché la nostra storia, i nostri morti, ci riguardano ancora: ciò che siamo oggi è frutto di ciò che siamo stati ed è nelle nostre scelte che possiamo fare la differenza.

Dostoevskij ne “La leggenda del Grande Inquisitore” — racconto contenuto all’interno de I fratelli Karamazov — spiega bene il valore della libertà e denuncia una mancanza d’amore da parte di Dio per aver voluto fare all’uomo un dono che non sarebbe stato capace di gestire: la libertà. Alla libertà il Grande Inquisitore oppone il mistero e l’autorità; fenomeni comprensibili a tutti gli uomini, in grado di irretire tutti gli uomini. Lo fa per controllarli, per soggiogarli.

Cosa resta dunque se siamo contesi, divisi, tra libertà e “mistero”?
Resta ancora una possibilità: scegliere di sperare, scegliere di far sentire la nostra voce di cittadini per far fermare la guerra. E scegliere di costruire la pace. Non una pace che sia figlia della violenza, ma una pace vera, una pace che rispetti i morti e che dia giustizia ai vivi.

Forse non saremo noi a poter cambiare le sorti di quanto sta accadendo, ma di sicuro possiamo scegliere come vogliamo vivere.

Forse non hanno potuto scegliere i nostri caduti, i nostri valorosi, i nostri eroi che hanno combattuto per darci la possibilità di essere ciò che siamo. Sono uomini ai quali rinnoviamo la nostra gratitudine, la nostra ammirazione, il nostro sentito e rispettoso omaggio. Ma soprattutto sono uomini che ci testimoniano che la guerra è sofferenza, distacco, violenza.

Grazie di nuovo a tutti e tutte per la presenza ai cittadini e alle cittadine trevigliesi, alle autorità civili e militari, a Monsignor Norberto, ai rappresentanti delle associazioni, al Corpo Musicale Città di Treviglio, ai rappresentanti delle scuole e a quelli di gruppi, enti che operano a Treviglio e per i trevigliesi!

Onore ai caduti e viva le Forze Armate! Viva l’Italia! Viva Treviglio!

Juri Fabio Imeri — Sindaco di Treviglio

--

--